Il futuro della comunicazione e dell’informazione è legato a filo doppio. Ne è convinto il presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna che apre, senza riserve, a nuove ipotesi di sinergia e condivisione.

“La legge 150, che disciplina le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, può essere un modello di convergenza”, precisa. “Sono convinto che il futuro vada in questa direzione e, come rappresentante dell’Ordine dei Giornalisti, vorrei allargare le braccia della nostra organizzazione a chi vuole fare comunicazione all’interno di un preciso perimetro deontologico”.

Presidente, sta cercando di limitare i confini della comunicazione?

Ma no, non sarebbe possibile. La comunicazione è tutto, anche la pubblicità lo è, anche se di parte. L’informazione, invece, è una specie pregiata della comunicazione ed è caratterizzata da regole, due in particolare, non sempre facili da osservare e rispettare nel lavoro quotidiano: il rispetto della verità e il rispetto delle persone.

Non si rischia di fare ulteriore confusione provando a trovare continui punti di contatto tra il mondo dell’informazione e quella comunicazione?

Credo che abbiamo il dovere di porci alcuni interrogativi, di provare a ragionare in un contesto in continua evoluzione. Oggi ci sono diverse figure professionali che si possono svolgere, più o meno indifferentemente, con l’abito del giornalista o del comunicatore. Penso, ad esempio, al social media manager che può tranquillamente essere un giornalista, oltre che naturalmente un comunicatore. Credo ci sia ancora troppa confusione tra ruoli e professioni. E’ chiaro che un giornalista non può fare il pubblicitario. Così come non è difficile pensare a quanti equivoci possano derivare dalla cosiddetta attività di infotainment che, come noto agli addetti ai lavori, unisce informazione e intrattenimento. Credo che il caso Barbara D’Urso sia stato eloquente.

Quel caso, concluso con l’archiviazione della denuncia di esercizio abusivo della professione giornalistica, ha chiarito che la tipologia del programma di Barbara d’Urso è inquadrabile appunto nell’infotainment. Tenere distinti i vari comparti della comunicazione è diventata impresa sempre più complicata.

Non c’è dubbio, ecco perché auspico una sempre maggiore collaborazione tra le diverse forme di comunicazione. Restando al programma della D’Urso, è chiaro che nulla vieta che possa essere condotto da un giornalista, ma in quel caso immagino che non faccia pubblicità e non violi il codice deontologico. E’ una questione molto delicata, dalle conseguenze non facili da prevedere e regolamentare. Le faccio un esempio: se noi, come Ordine, tuteliamo i minori, evitando di darne le generalità nell’ambito di un servizio del Tg, non è poi accettabile che in un’altra trasmissione, magari di intrattenimento, si intervisti lo stesso minore che quindi, alla fine, non sarà stato tutelato.

Tutto diventa ancora più complicato se si pensa al web.

Qui il problema non è più nazionale, ma diventa addirittura mondiale. Il web comporta rischi ed opportunità di ogni tipo: occorrerebbero delle policy di responsabilità. In questo contesto l’opera dei giornalisti diventa fondamentale, siamo noi i medici delle “fake news”. Di fronte ad una notizia che circola, infatti, il cittadino deve poter avere gli strumenti giusti per controllarne la veridicità. Un iter che non può che fare capo al giornalista che deve rappresentare sempre una fonte autorevole e attendibile. Anzi, più che il giornalista e quindi la singola persona, verso la quale la fiducia può comunque venire meno o essere messa in discussione, è importante l’attendibilità della testata che deve rappresentare un baluardo, un punto di riferimento sicuro.

In questo senso può essere di aiuto il bollino di garanzia sugli articoli di cui sta discutendo da diverso tempo l’Ordine dei Giornalisti?

E’ un’ipotesi al vaglio, sulla quale ci stiamo confrontando. Siamo ancora in fase di analisi, mi sembra prematuro parlarne. Una cosa è certa: come Ordine ci stiamo attrezzando per affrontare e annullare il fenomeno delle “fake news” e non solo. Stiamo valutando tutti gli aspetti, il confronto è aperto e assolutamente costruttivo.

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